LE CONSEGUENZE PER L’EUROPA E L’ITALIA
Con dazi fino al 25%, il protezionismo USA minaccia industria e export europeo. Chi pagherà il prezzo più alto? Fonte ISPI

- “Liberation Day” per gli Stati Uniti, “D-Day” per l’Europa: oggi è il giorno dei dazi americani. Con questa nuova tornata di dazi, Trump riporta le lancette indietro di un secolo. L’imposizione di dazi al 20%-25% verso l’UE e il resto del mondo è una svolta epocale per gli Stati Uniti.
- Il dazio medio pesato per il commercio americano passerebbe dall’1,4% degli anni di massima liberalizzazione al 13%, vicino ai livelli del periodo di protezionismo e isolazionismo tra le due guerre mondiali. Esattamente un secolo fa, quando però il ruolo del commercio internazionale sul PIL mondiale era intorno all’8% del PIL, meno di un terzo rispetto al 29% di oggi.
- Dazi al 20%-25% sarebbero un colpo per tutti i paesi, Stati Uniti inclusi. L’UE, tuttavia, risentirebbe di una riduzione di PIL doppia (-0,4%) rispetto a quella americana (-0,2%). All’interno dell’Europa, quella tedesca è l’economia più esposta (-0,5%), mentre l’Italia si situa intorno alla media UE. In caso di ritorsione europea, il contraccolpo sulla crescita dell’Europa stessa sarebbe ancora più forte.
- Sulle auto, colpite da un ulteriore dazio del 25%, l’Europa rischia molto. Le esportazioni verso gli USA sono più che triplicate negli ultimi 15 anni, da 15 a 51 miliardi di euro. Un livello ormai doppio rispetto alle esportazioni verso la Cina, che negli ultimi cinque anni ha invece fatto registrare una netta flessione (-17%).
- Sia per l’Italia, sia per l’UE, le esportazioni verso gli Stati Uniti pesano per circa il 3% del PIL. Dal punto di vista settoriale, però, l’Italia è più esposta sui prodotti finiti (19% delle sue esportazioni, contro l’11% europeo) e nell’alimentare (11% contro il 5%). L’impatto dei dazi sarà dunque diverso a seconda dei prodotti che saranno più colpiti.
- Per l’Italia, le esportazioni di macchinari e veicoli verso gli Stati Uniti valgono quasi 24 miliardi di euro. Di questi, poco meno di un terzo vengono da macchinari industriali (il mercato statunitense rappresenta il 12% del totale) e un sesto dalle automobili. Il settore del trasporto non su strada è il più esposto verso gli Stati Uniti (destinazione di circa il 19% delle esportazioni di questi prodotti) ma vale solo 1,7 miliardi.
- Nell’alimentare, il settore più esposto per l’Italia è quello delle bevande (alcoliche e non alcoliche), con il 25% delle nostre esportazioni dirette verso gli Stati Uniti. Importanti anche i settori dei cereali, dei prodotti caseari e delle uova: insieme il loro valore si avvicina a quello delle bevande, anche se la esposizione media di questi settori verso gli Stati Uniti è dimezzata (13%).
- Oltre a tentare di “rimpatriare” la produzione verso gli Stati Uniti, Trump immagina che i dazi possano generare entrate sufficienti a ripianare il deficit federale. In realtà si tratta di una illusione. Le entrate aggiuntive generate da questa tornata di dazi si attesteranno sui 200 miliardi di dollari l’anno. Ma il deficit federale americano si aggira intorno ai 1.800 miliardi, ovvero nove volte tanto. E se Trump vuole rifinanziare il taglio delle tasse varato nel 2017 dovrà trovare altri 450 miliardi. Risultato? Il deficit, anziché diminuire, a fine anno potrebbe superare quota 2.000 miliardi.